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Nelle scorse ore la commozione che ha accolto la notizia della morte di Raffaella Carrà è stata evidente e palpabile. Innumerevoli i racconti, le testimonianze e le riflessioni su quanto sia straordinaria l’eredità di una donna che non è stata solo una showgirl ma anche il simbolo di una certa Italia spensierata, tenace e piena di talento, di rivoluzioni del pensiero e del costume. Ma ancora meglio delle parole, a parlare eloquenti sono state le immagini dei suoi programmi. Ieri sera Rai1 ha stravolto il suo palinsesto proponendo prima uno speciale montaggio delle sue esibizioni più clamorose in Techetechetè, e poi – mossa piuttosto unica nel panorama televisivo recente – trasmettendo in prima serata la replica della primissima puntata di Carramba che sorpresa!, la trasmissione che ha segnato non solo la seconda, folgorante fase della sua carriera ma anche un modo nuovo, emotivo e sorprendente di fare televisione.

L’idea è stata azzeccata, tanto che 2,5 milioni di telespettatori si sono sintonizzati per vedere un programma andato in onda per la prima volta 26 anni fa. La realizzazione, meno: a parte un clamoroso ritardo della messa in onda tamponata da un episodio filler sempre di Techetechetè, le immagini di Carramba, dato che all’epoca la televisione trasmetteva in formato 4:3, sono state frettolosamente sovradimensionate, tagliando qualche inquadratura (e persino la testa di qualche ospite). Rimane però lo spettacolo di uno show che è sì invecchiato rispetto alla serata di debutto, datata 21 dicembre 1995 (i Babbi Natale e gli auguri di buon anno, replicati in pieno luglio!), ma che risulta comunque una specie di unicum se consideriamo la tv di oggi. Sembra davvero di aver viaggiato nel tempo e ritrovarsi in una dimensione parallela, dove la tv era fatta certamente con più soldi, ma anche con più idee, più ritmo, più talento e rigore.

Impressionante in effetti pensare che si potesse mettere insieme un programma di un’ora e mezza in cui in rapida successione si alternavano: la star dei giovanissimi Luke Perry (anche lui scomparso negli anni scorsi) direttamente da Beverly Hills, Carlo Verdone che lanciava Viaggi di nozze e nel frattempo sorprendeva uno spettatore in un cinema rivelandogli che sarebbe diventato padre, Antonello Venditti col figlio Francesco che duetta con una sua fan, Heather Parisi che duetta con Carrà in un balletto a due che – per dirla in inglese – gave the gays all they wanted. In mezzo, il collante di una conduttrice che correva, anche col fiatone, da un momento all’altro, incontrando anche persone comuni, riunendo famiglie separate da oceani, regalando l’emozione di una vita.

Ovvio che solo i voli dall’Argentina o la mastodontica troupe di ballerine, per non parlare della banda che compare nella sigla, costavano probabilmente come alcune produzioni di prima serata di oggi. Però appunto non è solo la scala economica a dirci di una televisione che non c’è, sono anche alcune maniere, alcune accortezze, un certo modo di porsi nei confronti degli ospiti (“Tranquilla, ora si spengono le luci“, dice Carrà quasi fuori onda alla destinataria di una sorpresa, per non farla spaventare) e anche nel confronto del pubblico, al quale bisognava dare intrattenimento, emozioni, informazione, senza stare a perdere tempo, a indagare il torbido, a indugiare nell’ovvio e nello sfacciatamente intimo. Erano davvero altri tempi, quelli in cui la Raffaella nazionale, alla fine della trasmissione, ringrazia il suo pubblico spagnolo (Carramba fu il suo primo programma italiano dopo 4 anni di trasferta televisiva in Spagna) ma anche il concorrente Michele Santoro, in onda all’epoca in contemporanea in un’altra trasmissione, che le aveva mandato dei fiori (“Ti ho registrato, eh, poi ti guardo“, assicura lei).

Era una televisione perfetta? Certo che no: anche rivedendo questo esordio di Carramba che sorpresa si notano le sbavature, i tagli troppo bruschi, certe scelte di regia (sempre Sergio Iapino, suo alleato di una vita) alquanto frenetiche, e anche certe esitazioni emotive della conduttrice, tornata a casa dopo tanti anni. Eppure era una televisione che aveva un altro spirito, meno performativo (faceva comunque il 40% di share) e meno aggressivo, però anche molto consapevole dei propri punti di forza, di quello che il pubblico voleva vedere. Programmi di quel tipo diventavano anche fenomeni di costumi, con le parole gancio e carrambata entrati nel vocabolario comune, e con stilemi televisivi (il divano, gli abbracci, i ricongiungimenti ecc.) riverberati in mille imitazioni di people show. A dire della longevità di una corazzata come questa è anche la prova, ardua e difficilissima, del live tweeting: le trasmissioni di oggi sono pensate per essere commentate sui social, che allora ovviamente non esistevano (ma Carrà azzardava similitudini del tipo: “è un po’ come il mouse del nostro computer“), e nonostante sia del 1995 anche Carramba regge a questo test virale, aprendosi al commento, alla memeficazione, alla visione collettiva.

Chiaramente i palinsesti di oggi non posso vivere con le repliche degli show di un quarto di secolo fa, e ci mancherebbe (anche perché a volte il passaggio del tempo è impietoso: mentre su Rai1 finiva Carramba, su Rai Storia c’era la replica di un quiz in cui la nostra premiava i concorrenti con bizzarri profumi dello sponsor e mandava video con Marisa Laurito in blackface totale). Eppure questo momento di risveglio nostalgico è tutto merito del carisma di un personaggio come quello di Raffaella Carrà, che in fondo ha fatto del cavalcare i tempi rimanendo sempre sé stessa un punto di forza inossidabile della sua carriera. L’incanto di un’artista come lei sta appunto nell’eternarsi, nell’essere intramontabile, tanto è vero che ancora facciamo fatica a capacitarsi del fatto che non ci sia più. Ecco allora l’ultima illusione: vedere Carramba sui nostri schermi ultrapiatti, scrollando i social sullo smartphone, facendo finta che quelle immagini non siano degli anni Novanta, che lei sia ancora lì, oggi, a condurre perfettamente a suo agio e credibile un nuovo programma, una nuova serata, una nuova sorpresa. Per qualche ora, in effetti, ci abbiamo creduto.

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La replica del fortunato show ha radunato moltissimi spettatori, incantati dall’illusione di una showgirl sempre eterna e riconoscibile, come se non se ne fosse mai andata dalla vita e dai palinsesti
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