Il vaccino Vaxzevria di AstraZeneca è di nuovo al centro del dibattito. Dopo il drammatico caso di cronaca della 18enne ligure deceduta per trombosi cerebrale nei giorni successivi la vaccinazione con questo farmaco (sebbene ora si parli di una malattia autoimmune pre-esistente), il Comitato tecnico scientifico sta andando verso una nuova stretta. Il punto ora è definire quale vaccino riceverà per il richiamo chi ha meno di 60 anni ed è già stato vaccinato con AstraZeneca. Le ipotesi sul tavolo sono varie e fra queste c’è quella di utilizzare un altro prodotto. Ferma restando la necessità di una presa di posizione e di nuove definizioni chiare, bisogna però soffermarsi ad approfondire la validità dell’approccio alternativo, ovvero quello di cambiare vaccino, riguardo all’efficacia e alla sicurezza. I primi dati sono incoraggianti e rivelano una buona sicurezza e un’efficacia molto elevata, ma bisogna ricordare che si tratta di risultati ancora circoscritti e non ufficialmente pubblicati.
Cambiare vaccino, la sicurezza
A studiare la strategia combinata con prima dose con un vaccino e seconda con un altro sono vari gruppi di ricerca in tutto il mondo. Uno studio inglese, chiamato Com-Cov, cui ha preso parte l’università di Oxford, ha analizzato la tollerabilità della nuova opzione coinvolgendo 830 volontari. Dall’indagine non sono emersi problemi di sicurezza degni di nota, mentre risulta un possibile aumento degli effetti collaterali lievi e moderati, come febbre e mal di testa. Lo studio non è ancora peer reviewed ma è stato presentato in una lettera su Lancet. I limiti riguardano il fatto che l’indagine è svolta su persone di 50 e più anni e che nei gruppi più giovani “la reattogenicità potrebbe essere maggiore”. Ricordiamo però – un dato che rassicura – che anche da una recente ricerca (di cui abbiamo parlato qui) pubblicata su Nature Medicine emerge che riguardo al vaccino di Pfizer-BioNTech non ci sono prove di alcun aumento di eventi emorragici e trombotici, di trombosi cerebrale e piastrinopenia.
Anche uno studio studio spagnolo del Carlos III Health Institute di Madrid (di cui si parla su Nature e qui in preprint), condotto su 663 volontari, ha analizzato la sicurezza e le reazioni avverse nelle persone vaccinate (441 hanno ricevuto la seconda dose con Pfizer, diversa dalla prima). Gli effetti sono state principalmente lievi (due terzi) e moderate (circa un terzo), come si legge nel preprint, con dolore nel sito dell’iniezione, mal di testa, febbre, dolori muscolari. Non ci sono state reazioni avverse gravi, scrivono gli autori, e il profilo di reattogenicità viene definito “gestibile” nelle conclusioni del lavoro.
L’efficacia del mix
Sempre nello stesso studio spagnolo, i risultati preliminari sull’efficacia sembrano molto incoraggianti. Due terzi dei volontari, cui era stata somministrata una prima dose del vaccino di AstraZeneca, hanno poi ricevuto dopo almeno 8 settimane il richiamo con il vaccino di Pfizer-BioNTech. “Dopo la seconda dose i partecipanti hanno cominciato a produrre livelli di anticorpi molto più alti rispetto a prima”, si legge su Nature, “e questi anticorpi sono stati in grado di riconoscere e disattivare Sars-Cov-2 nei test di laboratorio”. I ricercatori scrivono nelle conclusioni del testo in preprint che questa combinazione ha indotto una risposta immunitaria robusta.
Uno studio dell’università di Ulm, ancora in preprint e solo su 26 volontari, indicano che il mix risulta protettivo, in questo campione di persone, tanto quanto la vaccinazione con un unico prodotto. Mentre una ricerca dell’ospedale universitario Charité di Berlino, svolta su 61 partecipanti (qui in preprint), individua addirittura un leggero aumento della produzione dei linfociti T, un altro elemento della nostra immunità (quella cellulare). I dati sono ancora pochi, ma messi insieme fanno ritenere che la scelta possa essere valida, sia in termini di efficacia sia in termini di sicurezza, a fronte di qualche effetto collaterale leggero in più.
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I dati sull’approccio combinato – prima dose con AstraZeneca e seconda con un vaccino a mRna – sono ancora limitati e non ufficialmente pubblicati, tuttavia il profilo di sicurezza e l’efficacia sembrano molto favorevoli
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