All’inizio di Italia-Galles, ultima partita del girone A dei campionati Europei, la compagine britannica si è inginocchiata per mandare il suo messaggio contro il razzismo, simbolo del movimento Black Lives Matter. Cinque calciatori italiani – Belotti, Pessina, Bernardeschi, Toloi, Emerson, Palmieri – hanno fatto altrettanto, mentre il resto della squadra tricolore è rimasta in piedi. Un comportamento difforme che ha causato polemiche e che a ben vedere non è stato un bello spot per una battaglia, quella contro le discriminazioni razziali, che non dovrebbe essere una questione di opinione, tanto più se in mondovisione come era in quel contesto.
Nella Premier League, il campionato inglese, inginocchiarsi contro il razzismo è stata un’abitudine portata avanti per tutta la stagione, all’inizio di ogni partita. Il movimento Black Lives Matter è molto forte a Londra e dintorni, questo anche e soprattutto per la storia del paese, un trascorso scomodo fatto di colonialismo e sfruttamento che ha reso necessario un ripensamento collettivo dei tempi che furono attraverso una gestualità nel presente. Poche cose sono più mainstream del calcio ed ecco allora che il campo si è trasformato in uno dei palcoscenici ideali da cui portare avanti il messaggio dell’antirazzismo, anche perché il legame tra discriminazione e sport è molto più saldo di quanto si creda, basti pensare alla lunga storia recente in Inghilterra e altrove di ululati razzisti, lanci di banane e quant’altro.
La genuflessione dei calciatori è ora arrivato anche in Europa, con i campionati Europei di questi giorni. E come per l’Inghilterra, non si può parlare di forzatura. Il razzismo non è un finto problema del vecchio continente, al contrario tra porti chiusi, rigurgiti neofascisti, ere coloniali con cui non si è riusciti ancora a fare realmente i conti e discriminazioni sociali di vario tipo promosse da alcune delle stesse tifoserie partecipanti come quella dei neofascisti ungheresi della Carpathian Brigade, l’utopia della democrazia perfetta con perfetti diritti per tutti in Europa è, appunto, ancora un’utopia. Mandare un messaggio di antirazzismo in contesti mainstream come quelli calcistici è allora un impegno fondamentale, tanto più se questo avviene in un ambito, quello dell’Uefa, dove “Respect” e “No to racism” sono i motti che la fanno da padrone su magliette, tabelloni e schermi.
In questo contesto, la scelta di alcuni calciatori italiani di non replicare il gesto tanto simbolico quanto necessario davanti a milioni di telespettatori, è un’occasione persa. Certo, questo non significa che Bonucci & co siano una comitiva di razzisti, giungere a conclusioni simili come hanno fatto in molti sui social è andare oltre a una condanna del loro atteggiamento che però resta legittima. Una cosa è se nessuno si fosse inginocchiato, se il simbolo non fosse entrato nello stadio: in questo caso, non ci saremmo nemmeno accorti della cosa e tutto scorreva liscio. Un’altra è la scelta di tirarsi indietro mentre compagni e avversari decidono invece di mandare il loro messaggio di antirazzismo. Non è stata una bella immagine, perché quella contro le discriminazioni è una battaglia sociale fondamentale e se anche non si dovesse credere nella portata di un gesto apparentemente banale – mettersi in ginocchio – farlo non ha comunque alcun costo.
“Marchisio”:
Perchè “c’è libertà di scelta ma era meglio vederli tutti inginocchiati”
Is the new
“Siamo un popolo di merda”#BlackLivesMatter #EURO2020 #ItaliaGalles #ITAWAL pic.twitter.com/RfNTYMEsrj
— Perché in tendenza ? (@TendenzaPerche) June 20, 2021
Non possiamo sapere cosa sia passato nella testa dei calciatori che non si sono inginocchiati, ma qualunque fosse la ragione, se anche dietro ci siano state delle buone intenzioni, il messaggio trasmesso non è un bell’assist all’antirazzismo. Quello che è passato infatti è che il razzismo non è un problema reale o che la lotta alle discriminazioni è una questione politica, che sono proprio le ragioni principali per cui il razzismo continua a essere un problema tangibile nella società contemporanea. Come ha detto l’ex calciatore Claudio Marchisio, “C’è libertà di scelta, ma questa è una protesta molto importante e avrei preferito che si inginocchiassero tutti”.
The post Mezza nazionale azzurra se ne frega del razzismo? appeared first on Wired.
La stampa, folle d’amore per l’Italia che continua a mietere vittorie, ha parlato dei giocatori che si sono inchinati a favore del movimento Black Lives Matter, mentre avrebbe dovuto farlo di quelli che, chissà perché, sono rimasti in piedi
The post Mezza nazionale azzurra se ne frega del razzismo? appeared first on Wired.
Wired (Read More)