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In tempi recenti Netflix ha dispensato le proprie serie originali a rate, spezzando in due – se non tre – le stagioni di produzioni come Lucifer e Lupin, serie francese dall’imprevisto successo al suo debutto sulla piattaforma lo scorso gennaio. Incentrata sull’intraprendente ladro Assane Diop, grande ammiratore delle gesta del ladro gentiluomo dei romanzi di Maurice Leblanc, si concludeva con un cliffhanger dopo soli cinque episodi, lasciando lo spettatore un po’ spiazzato. La seconda parte è su Netflix dall’11 giugno, e riprende esattamente da dove la narrazione si era interrotta, ovvero con il (presunto) rapimento del figlio adolescente del protagonista. Lupin segue le avventure di un uomo sui quarant’anni attraente, di origini senegalesi e di atteggiamento affabile che cela dietro la sua innocua bonarietà un implacabile desiderio di vendetta nei confronti del miliardario che ha condotto al suicidio l’adorato padre quando questo era ancora un ragazzino.

Lupin è un heist movie tanta quanto un revenge movie raccontato con i toni brillanti della commedia e ritmi velocissimi. Uno dei motivi del folgorante successo di questa produzione francese, infatti, è quello di non perdere tempo: pochi preamboli, quasi nessuno momento “filler”, Lupin entra praticamente subito nell’azione e da quel momento tutta la narrazione è tesa a descrivere le macchinazioni del protagonista e dei suoi alleati per costringere il vile Hubert Pellegrini a confessare i propri misfatti, nello specifico il reato di aver inscenato il furto di una preziosa collana in suo possesso scaricando la colpa sull’innocente genitore di Assane.

Nella seconda parte della stagione la strategia di Assane e il suo stile da “ladro gentiluomo” sono orma noti allo spettatore e di fatto le puntate rimanenti non offrono novità, mantenendosi fedeli al format che ha fatto la fortuna di Lupin: un protagonista accattivante, Omar Sy, che riesce a calarsi nei panni del geniale criminale quanto in quelli dell’eroe senza macchia, in quelli della action star tanto quanto in quelli del sex symbol con il fascino discreto e suadente del corteggiatore francese. Non stiamo cercando di costringere personaggio e interprete in stereotipi, Diop è una figura versatile ispirata al Lupin classico della letteratura ma perfettamente integrata nella contemporaneità.

Nel corso degli episodi inediti, il piano di Diop per incastrare Hubert si fa sempre più ricco di espedienti dispensati a ritmi frenetici: a volta si perde qualche passaggio, omesso dalla narrazione oppure basato su qualche intuizione di Assane tanto sottile da suggerire che il brillante criminale possieda il dono della chiaroveggenza. Nei suoi intrighi sono coinvolti i suoi alleati e più spazio narrativo viene concesso all’amico Benjamin e a Guedira, il poliziotto che con Assane condivide una fervente passione per il personaggio di Lupin e le sue gesta. Naturalmente, quest’ultimo è destinato a tifare per l’emulo del suo eroe piuttosto che per il villain di turno e il suo tirapiedi, il capitano connivente Gaugier.

A proposito dei villain, in Lupin è sconcertante quanto gli antagonisti risultino scialbi, bidimensionali e stupidi rispetto alle controparti “buone”: non c’è il cattivo eccentrico e diabolico in grado di tenere testa al protagonista come poteva essere il Moriarty di Sherlock Holmes, non c’è una nemesi degna di Diop in grado di creare dinamiche eccitanti e far dubitare il pubblico del successo dell’eroe. La vittoria di Diop è scontata fin dalle prime battute, il bello sta nel godersi i vari passaggi della sua strategia.

Infine, a conquistare definitivamente lo spettatore anche in questa seconda parte, è la confezione: l’affascinante Diop è un seduttore perfetto (diviso tra la ex compagna e madre di suo figlio Claire e l’ex fiamma Juliette, figlio del suo arcinemico) che si muove sullo sfondo di una città, Parigi, sempre suggestiva che conferisce fascino alla messa in scena senza sforzo; ci sono i panorami fuori della capitale, nella campagna francese dove si consumano fughe trafelate e inseguimenti. Lupin è innocuo, leggero e nient’affatto memorabile, ma dà allo spettatore quello che può desiderare da un intrattenimento senza pensieri, e tutto quello che si può volere dalla vita come dovrebbe essere: piena di buon cibo e buon vino, di paesaggi mozzafiato, di amici leali, di amanti bellissim* e di cattivi che ricevono la giusta punizione.

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La seconda tranche di episodi, dall’11 giugno su Netflix, è come la prima: un intrattenimento innocuo, leggero e non memorabile, ma divertentissimo, frenetico e accattivante
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