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Finalmente, dopo necessarie posticipazioni imposte dalla pandemia di Covid, ha debuttato su Disney+ lo spinoff degli Avengers dedicato al dio dell’inganno, Loki. Sarebbe dovuto toccare a questa miniserie l’onore di inaugurare l’era delle serie Marvel della piattaforma digitale, dopo che gli adattamenti in formato televisivo tratti dai fumetti erano stato appannaggio di Netflix e Fox: quella di iniziare con il figlio di Odino era la scelta più ovvia, considerata l’enorme popolarità riscossa dal villain impersonato dall’attore britannico Tom Hiddleston con mirabile gigionismo e impercettibile compiacimento. Composta di sei episodi, Loki è in realtà incentrata su una versione – una “Variante” – alternativa della mercuriale divinità: quando i Vendicatori sono tornati indietro nel tempo nell’ultimo capitolo della saga, Endgame, hanno inavvertitamente favorito la fuga del fratello di Thor, altrimenti destinato a un destino di punizione e redenzione culminato in un’eroica dipartita. Loki approfitta della confusione creata dagli Avengers per appropriarsi del Tesseract e ridarsi la libertà, solo per venire immediatamente catturato da una squadra di soldati misteriosi che lo conducono nella base operativa della fantomatica Tva.

I suoi carcerieri fanno parte della Time Variance Authority, l’agenzia che preserva la linea temporale dell’universo correggendo le alterazioni de l corso degli eventi prefissato, grazie all’impiego di agenti che proteggono momenti storici fondamentali, definiti tali da un trio di saggi. Loki è una “Variante” da estirpare, a meno che non accetti di collaborare con Mobius, un pacato, paziente e distaccato agente che lo interroga per definire quanto il dio degli inganni sia affidabile, prima di coinvolgerlo in una caccia al killer – un’altra Variante – particolarmente astuta, sfuggente e spietata. In pratica, un altro Loki. Il primo episodio è un lungo preambolo che non dichiara nitidamente le proprie intenzioni circa la direzione della narrazione, tuttavia la serie è stata presentata dal presidente della Marvel Kevin Feige come un’incursione nel genere “crime thriller”, uno show che segue Loki e Moebius a spasso nel tempo per indagare gli eventi alterati come se fossero una scena del crimine e restituirli alla normalità. Nel frattempo, il dipanarsi dell’azione concederà al dio norreno l’opportunità di interrogarsi sulla propria vera natura e instaurare un rapporto con il partner – dall’indole diametralmente opposta alla sua – in uno modo che segue le regole del buddy movie.

Non c’è dubbio che il Loki di Hiddleston trasudi della presenza scenica e del carisma necessari ad ammaliare il pubblico: quando l’attore inglese si presentò al provino per il ruolo di Thor e in rete circolarono le clip di uno smilzo Tom a petto nudo che impugnava Mjolnir è stato evidente per tutti che il ruolo ambito non fosse adatto per lui; nei panni del nervoso, frustrato, snob, sarcastico e tormentato figlio di Odino, invece, si è rivelato un personaggio irresistibile, imprevedibile e pieno di sorprese. Loki, tuttavia, non si limita a sfruttare il talento da mattatore di Hiddleston: gli dona un partner perfetto, quel Mobius M Mobius con le fattezze irregolari di Owen Wilson e l’ aplomb ideale per contenere l’irrequietezza e l’insoffereza di Loki. Non corriamo il rischio di patire la forzata alchimia di Sam Wilson e Bucky Barnes. Mobius è il partner ideale per Loki (se quest’ultimo non avesse ucciso Coulson…).

Loki è, senz’altro, più vicino a WandaVision nel suo orientarsi verso una narrazione più iconoclasta: per alcuni versi si avvicina a Legion, non solo per l’estetica retrò che informa la scenografia del quartier generale della Tva, con il suo look da serie di fantascienza anni Sessanta, ma anche per la ventilata promessa di introdurre lo spettatore a una narrazione un po’ alienante e psichedelica come quella della spiazzante serie di Noah Hawley. A proposito di serie tv di fantascienza degli anni ’60, alcuni non mancheranno di notare la vibe” alla Doctor Who. Loki è Doctor Who se al posto del Dottore il protagonista fosse il mefistofelico Maestro: i tre saggi che monitorano il tempo evocano i Signori del tempo, gli eventi miliari della Storia sono i Punti Fissi della storia, il Tva sono gli Agenti del Tempo prima e il Torchwood dopo. Michael Waldron, produttore di Rick & Morty e sceneggiatore di Loki, accenna alle analogie tra i due soggetti con una battuta (“A criminal in a Blue Box”) ammiccante, quasi una provocazione, lasciando il pubblico – anche quello che si è abituato al binge-watching e non apprezza gli episodi elargiti con la classica cadenza settimanale – con il desiderio di vedere la serie entrare nel vivo.

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Grazie anche all’interpretazione di Hiddleston (chi meglio di lui per impersonare il fratello snob di Thor) lo show di Disney + convince e promette già dai primi due episodi grandi sorprese
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