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(foto: Mat Napo/Unsplash)

Sul prosieguo della campagna vaccinale pare essersi creato un po’ di caos, a cavallo tra politica e questioni di comunicazione, tra la struttura commissariale del generale Francesco Paolo Figliuolo e le Regioni. Oggetto del contendere, come raccontano le cronache, è il presunto rallentamento delle somministrazioni: annunciato dalle regioni con tanto di sospensioni, rinvii e interruzioni già in atto, ma al contempo negato dallo stesso Figliuolo, che sul Corriere della sera rifiuta di parlare di ritardi.

Ma come stanno veramente le cose e, in sostanza, chi ha ragione? Come vedremo, si tratta di una situazione piuttosto articolata, perché bisognerebbe anzitutto mettersi d’accordo su cosa intendere con la parola “rallentamento”. Secondo i dati ufficiali, comunque, nulla è cambiato rispetto a quando una decina di giorni fa qui su Wired avevamo provato a stimare la fine della campagna vaccinale, che a oggi si colloca a settembre, probabilmente verso la fine del mese.

Primo: i numeri assoluti

Secondo quanto comunicato a più riprese da Figliuolo (e da nessuno messo in dubbio), nel corso del mese di luglio verrà fornito al nostro paese un totale di 14,5 milioni di dosi di vaccini a rna messaggero, di cui 12,1 milioni targate Pfizer e 2,4 di Moderna. Il che corrisponde, rispetto al mese di giugno, a una flessione di 800mil di dosi, ossia al 5% in meno di forniture. Sul fatto che sia ragionevole descrivere il passaggio da 15,3 milioni di dosi a 14,5 come un vero e proprio rallentamento, piuttosto che una sostanziale stabilizzazione, le opinioni sono contrastanti.

A queste dosi andrebbero poi aggiunte – senza considerare la questione delle scorte ereditate dai mesi scorsi – le somministrazioni AstraZeneca omologhe, poiché una frazione di chi ha ricevuto la prima dose del vaccino anglo-svedese certamente vorrà proseguire con la stessa formulazione anche alla seconda iniezione. Includendo anche queste somministrazioni, secondo Figliuolo è ragionevole ipotizzare un totale di dosi somministrate a luglio pari a 15,5 milioni, ossia 500mila al giorno.

Secondo: la progressione interrotta

Più che schiacciare il piede sul freno, determinando un’effettiva decelerazione, ciò che sta accadendo già in questi giorni sembra somigliare piuttosto a un sollevare il piede dall’acceleratore. Fuor di metafora, già adesso i dati mostrano chiaramente che sembra essere terminata quella fase di progressiva accelerazione che ha contraddistinto la campagna vaccinale fin qui. Se da gennaio a giugno ogni mese si somministravano più dosi del precedente, con una media giornaliera in crescita di 70-80mila dosi da un mese all’altro, ora la fase di aumento sembra decisamente finita. Poi si può discutere se ci si trovi in presenza di una curva piatta o di una leggera decrescita, ma la vera notizia è piuttosto l’indiscutibile interruzione della fase di ascesa.

Ragionando in termini di media a sette giorni, per esempio, il picco è stato toccato nella seconda settimana di giugno con 586mila dosi al giorno, mentre da fine giugno in poi i dati sono piuttosto stabili tra le 500mila e le 550mila dosi. Se avessimo mantenuto il trend medio degli ultimi mesi dovremmo essere abbondantemente sopra le 600mila dosi, invece la prospettiva per le settimane a venire sembra quella di appiattirsi in prossimità di quota mezzo milione.

Terzo: non solo questione di forniture

Nel determinare un cambiamento nell’andamento della campagna vaccinale non incide solo la lieve flessione nelle consegne dei vaccini a rna messaggero, ma anche una serie di altri fattori altrettanto (o forse ancora più) impattanti. Un primo elemento, ovvio, è la sostanziale sospensione dell’uso dei vaccini di AstraZeneca e la drastica riduzione nelle somministrazioni della formulazione Janssen: potendo contare in sostanza su soli due vaccini anziché quattro, è difficile poter imprimere un’accelerazione ulteriore alla campagna. A questo si aggiunge che fino a qualche tempo fa sembrava imminente l’arrivo del vaccino CureVac, poi saltato a causa della scarsa efficacia dell’attesissimo vaccino europeo a rna messaggero.

Ma non solo. Un rallentamento nella campagna vaccinale, soprattutto in termini di nuove prenotazioni, è imputabile anche alla necessità di somministrare le secondi dose di Pfizer e Moderna a chi ha già ricevuto la prima, come pure di soddisfare le persone che hanno ricevuto una prima dose di AstraZeneca e preferiscono proseguire con la vaccinazione eterologa.

E inoltre in molte regioni – visti i dati della campagna svoltasi fin qui – è ritenuto prioritario intercettare e convincere alla vaccinazione le persone over 60 ancora mancanti: sono oltre 2,5 milioni in tutto, di cui 345mila over 80, 780mila tra i 70 e gli 80 anni e ben 1,6 milioni tra i 60 e i 70 anni. In termini percentuali, il risultato raggiunto finora è ritenuto molto buono sopra gli 80 anni, con una copertura del 92% con almeno la prima dose; medio per i settantenni, che sono all’87%; scarso per i sessantenni, all’81%; ancora insufficiente per i cinquantenni, fermi al 72%. Insomma, pare più ragionevole concentrarsi sulle persone più deboli e fragili che procedere con una vaccinazione a valanga dei più giovani.

Infine, c’è anche un effetto di rallentamento percepito (o annunciato) per questioni prettamente politiche. In sostanza, procedere speditamente con la campagna vaccinale è oggi motivo di vanto per le regioni, che quindi hanno impostato calendari di vaccinazione serratissimi e in progressiva accelerazione. Dunque, di fronte alla sostanziale stasi delle forniture, ci si trova in diversi casi a dover rivedere i piani e procedere con rinvii e sospensioni delle prenotazioni, spesso calendarizzate nelle scorse settimane con una scansione temporale rivelatasi troppo ottimista. Non è un caso che la questione del presunto ritardo nelle forniture sia diventata anche – o soprattutto – un tema di scontro politico.

Cos’hanno annunciato le regioni

Ogni regione, di fronte alle prospettive odierne di forniture, ha reagito in modo diverso. Mettendo insieme le informazioni riportate dai media sulla base delle comunicazioni dei singoli sistemi sanitari regionali, si prevede, per esempio, una interruzione delle nuove prenotazioni di una o due settimane per il Lazio, mentre l’Emilia Romagna ha ventilato la possibilità di bloccare le prenotazioni degli under 50 fino a metà agosto e la Puglia le ha per ora posticipate di una settimana (ma potrebbe arrivare un ulteriore rinvio). L’Umbria ha del tutto sospeso la somministrazione delle prime dosi, mentre la Toscana ha annunciato una settimana di sospensione per le prenotazioni di agosto e settembre. La Campania ha denunciato un calo delle forniture del 38%, a fronte del quale non ci sono ancora provvedimenti specifici, mentre la Lombardia è tra le regioni che non ha ufficializzato alcuna variazione al piano vaccinale, anche se già è stata ventilata la possibilità di una sospensione delle prenotazioni.

In tutti i casi, comunque, il razionale è di conservare le fiale per poter somministrare le seconde dosi con i giusti tempi. Dunque finché non si ha la garanzia di poter coprire sia le prime sia le seconde dosi, si dà la priorità a queste ultime sacrificando le altre. Tutti sono comunque concordi che la situazione è e rimarrà fluida, sia in termini di numero di dosi in ingresso nel nostro paese, sia come distribuzione tra le diverse regioni. Perché anche dettagli fini come anticipare o posticipare una fornitura regionale di qualche giorno possono fare la differenza in termini pratici per la gestione dei flussi nei singoli centri vaccinali.

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In estate la flessione di dosi e somministrazioni dovrebbe essere molto lieve, ma pare essere terminata la fase di accelerazione. C’entrano i vaccini scartati, gli esitanti e la ricerca degli over 60 mancanti
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