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(immagine: Pixabay)

I vaccini per Covid-19, come auspicato e previsto, ci hanno dato un po’ di respiro. Ma ora è giunto il momento di impegnarsi per cercare una cura efficace per la malattia da coronavirus. Così l’amministrazione Biden ha annunciato di aver intenzione di stanziare 3,2 miliardi di dollari per sviluppare una terapia orale con pillole antivirali in grado di aiutare a risolvere l’infezione da Sars-Cov-2 prima che degeneri. Sul piatto ci sono già delle molecole promettenti e con un supporto di tale portata la ricerca potrebbe produrre risultati applicabili in clinica già entro fine anno. E sul lungo periodo magari non solo per i coronavirus.

Le cure fallite

Diversi trial durante l’emergenza della pandemia avevano già cercato di trovare una soluzione efficace a Covid-19. Testare farmaci già esistenti e in uso per altre patologie per verificarne gli effetti sui pazienti (di solito già ospedalizzati) è stato lo scopo della mega sperimentazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) Solidarity, che però aveva scartato diverse alternative farmacologiche come l’idrossiclorochina o alcuni antivirali impiegati per il controllo delle infezioni da hiv.

Tra gli antivirali testati solo remdesivir (sviluppato in origine per Ebola) aveva dato prove di efficacia nei pazienti Covid ospedalizzati, ed è stato approvato dalle agenzie regolatorie con somministrazione endovenosa. Le sue prestazioni, comunque, non sono delle migliori, tant’è che l’Oms ne sconsiglia invece l’uso.

Il momento sbagliato

Alcuni esperti ritengono che a determinar davvero il fallimento delle sperimentazioni di alcuni antivirali potrebbe essere stato il momento scelto per la somministrazione della terapia: dare un farmaco contro la replicazione virale a pazienti ospedalizzati sarebbe un’azione pressoché inutile perché arriva in un momento in cui la malattia è andata oltre il danno provocato dal virus, e verso il danno autoinflitto da parte del sistema immunitario iperattivo.

Forse, invece, avere un farmaco antivirale facile da assumere, tipo una pillola, da somministrare quando l’infezione è ancora nelle sue prime fasi potrebbe funzionare. E dei candidati ci sono già.

Molnupiravir

Sviluppato nel 2019 dai ricercatori della Emory University, molnupiravir si è dimostrato efficace nell’interferire con l’infezione di virus influenzali e di un tipo di encefalite. In alcuni esperimenti sugli animali con Covid-19, poi, aveva dato risultati così promettenti che l’azienda farmaceutica Merck aveva iniziato un trial clinico su pazienti ospedalizzati. La sperimentazione, però, non stava dando grandi risultati. Ancora in corso, invece, lo studio degli effetti della molecola su pazienti che hanno ricevuto di recente la diagnosi di Covid-19 e che sono più a rischio di complicazioni. I primi risultati sono attesi per ottobre.
L’amministrazione Biden avrebbe già preso contatti con Merck per acquistare 1,7 milioni di dosi dell’antivirale (per una spesa di 1,2 miliardi di dollari), qualora la Food and drug administration (Fda) dovesse approvarlo.

AT-527

Un’altra molecola nel radar dell’amministrazione Usa è nota come At-527, sviluppato da Atea Pharmaceuticals per l’infezione da hcv (il virus dell’epatite C). Ha già dato prove di efficacia e sicurezza per la cura dell’epatite C e si pensa possa dare soddisfazioni anche per quella di Covid-19. Infatti Atea e Roche lo stanno già testando.

PF-07321332

PF-07321332 è un farmaco sviluppato negli anni Duemila da Pfizer come potenziale trattamento per la Sars. La sostanziale scomparsa di quest’ultima come minaccia alla salute globale lo ha lasciato inutilizzato, ma adesso i ricercatori ritengono di poterlo adattare a Sars-Cov-2. Un cambiamento anche alla struttura lo rende somministrabile sotto forma di pillola. Dopo i test sugli animali, l’azienda ha ricevuto il via libera per la sperimentazione clinica: partita a marzo dovrebbe dare risultati sulla sicurezza del farmaco entro l’estate.

Coi piedi di piombo

Se anche queste molecole dimostrassero di essere sicure e efficaci nell’essere umano, non significherebbe aver risolto ogni problema. Probabilmente non saranno prodotti super efficaci (un po’ come il Tamiflu per l’influenza, il cui effetto è quello di ridurre la durata dell’infezione e accelerare i tempi di recupero); inoltre ci sarà bisogno di un’ottima coordinazione tra test per il coronavirus, esito dell’analisi e prescrizione medica per intervenire in tempi utili.

Non solo coronavirus

Anche per questo il governo degli Stati Uniti punta a diversificare supportando la ricerca anche di farmaci che blocchino il coronavirus con approcci vari, dall’interferire con le proteine virali all’impedire la copia dei geni. Probabilmente ci vorrà qualche anno ancora per vedere nascere pillole di nuova generazione, ma gli esperti ritengono che finanziare questi progetti possa essere un buon investimento per il futuro: oggi è il coronavirus a darci più problemi, ma domani potrebbe essere un flavivirus (come quello della Dengue) o un togavirus (come quello della chikungunya), e ci conviene aggiornare il nostro arsenale.

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Da vaccini ai farmaci: l’amministrazione Biden vuole finanziare la ricerca per sviluppare pillole antivirali per trattare l’infezione da coronavirus
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