0 00 4 minuti 3 anni 32

(Foto: John Cameron on Unsplash)

Gli anticorpi capaci di neutralizzare la variante delta (B.1.617.2) nelle persone che hanno ricevuto il vaccino Pfizer-Biontech sono pochi, o meglio sono molto più bassi di quelli capaci di contrastare le altre varianti, come quella inglese, soprattutto in chi ha ricevuto una sola dose di vaccino. Per questo l’invito dei ricercatori dietro la scoperta è procedere con i richiami, e magari anche con una terza dose di vaccino. Pur considerando le incertezze in materia di livello di anticorpi e protezione da sintomi e malattia.

Infatti, premessa: come scrive su Lancet il gruppo di David LV Bauer del Francis Crick Institute di Londra che ha guidato la ricerca, non è chiaro quanto la riduzione di titoli anticorpali impatti sull’efficacia dei vaccini. Ma esistono indizi che depongono a favore dell’idea che i livelli di anticorpi (ed eventualmente altre risposte immunitarie associate) correlino anche con la protezione dalla malattia. Fatta questa premessa ecco cosa ha osservato il team di Bauer misurando la quantità di anticorpi neutralizzanti (capaci di impedire al virus l’ingresso nelle cellule) nel sangue di 250 persone che avevano ricevuto una o due dosi di vaccino, contro 5 diverse varianti del coronavirus (l’originale, la D614G, la alpha, beta e delta, queste ultime tre inizialmente identificate come varianti inglese, sudafricana e indiana).

Primo risultato: il livello di anticorpi neutralizzanti diminuisce con l’età per tutte le varianti e tendono a diminuire nel tempo dopo la seconda dose. Secondo risultato: una doppia dose induce la produzione di anticorpi neutralizzanti contro il virus originale in tutti i partecipanti e anche contro le tre varianti (ad accezione di una manciata di persone, per le varianti delta e beta). Ma c’era differenza nelle quantità prodotte contro le varianti, eccome: i livelli di anticorpi contro la delta erano dalle 5 alle 8 volte inferiori a quelli contro la forma originale di Sars-Cov.2, ma riduzioni si osservavano anche per la variante alfa e beta (rispettivamente dalle 2 alle 6 volte, e dalle 4 alle 9, rispetto al virus originale). Terzo risultato: dopo un sola dose i livelli di anticorpi neutralizzanti erano bassi per tutte le varianti analizzate, proseguono i ricercatori, ma specialmente per la variante beta e delta (anche note come africana e indiana), in particolare per le persone più grandi.

Quanto osservato, si legge nel paper, porta a credere che la variante delta, considerata la sua diffusione, in crescita, a livello epidemiologico, possa rappresentare una sfida per i vaccini. E, ancora, sebbene una singola dose – la scelta iniziale alla basse del strategia vaccinale del Regno Unito – sia meglio che niente, sembra fornire una protezione ridotta contro le varianti, come anticipato. Serve, concludono, tenerne conto alla luce ora della diffusioni delle varianti, procedere con la somministrazione della seconda dose e tenersi pronte con le terze.

The post Cosa ci dicono i primi studi sull’efficacia del vaccino Pfizer contro la variante delta appeared first on Wired.

Su Lancet un’analisi di come varia la risposta anticorpale con il vaccino in risposta alle varianti. La diffusione di quella delta, unitamente ai risultati dello studio, suggerisce di ripensare la strategia vaccinale
The post Cosa ci dicono i primi studi sull’efficacia del vaccino Pfizer contro la variante delta appeared first on Wired.
Wired (Read More)

Dicci la tua, scrivi il tuo commento: